Una pavoncella sarda, … un po’ bresciana

Una pavoncella sarda, … un po’ bresciana

Sin da bambina, nata in Sardegna, ho conosciuto la pavoncella nei tessuti, nelle ceramiche perché è uno dei simboli più comuni della tradizione sarda.

Lo scorso anno, durante l’estate, una delle mie più care amiche, con la sua famiglia, trascorreva le vacanze nel Veronese, al confine bresciano e nel tentativo di raggiungerla per condividere qualche giorno insieme, ho conosciuto la meravigliosa Sirmione. Durante l’attesa della partenza del traghetto per Gardone, per visitare il Vittoriale, ho conosciuto una coppia di Sirmionesi che raggiungevano la loro casa. Nel molo del traghetto era uno spettacolo anche l’attesa della partenza perché due splendidi cigni approfittavano del cibo dei turisti, mentre tra i divoratori di briciole c’erano le pavoncelle che, inizialmente, ho scambiato per piccioni parlando con la coppia di Sirmionesi. Mi hanno spiegato che erano pavoncelle e scherzando ho raccontato loro che la pavoncella, noi sardi, la raffiguriamo dappertutto, ma era la prima volta che la vedevo dal vivo.

La sua rappresentazione nel corredo della tradizione sarda è molto antica ed anche comune, perché è nato come un amuleto connesso al mondo pastorale, che simboleggia la fertilità, invoca ricchi raccolti, piogge abbondanti e la salute delle greggi.

La sua origine è molto antica, si pensa al periodo bizantino, ossia intorno al 534 d. C.. Molti associano la pavoncella all’araba fenice, l’uccello mitologico che risorgeva dalle proprie ceneri, che sembra discenda proprio da essa.

Nell’artigianato sardo la si trova un po’ dovunque: nei mobili, nella biancheria sia da tavola che da letto, negli arazzi, nelle ceramiche.

Il mio sincero augurio, con queste tovagliette, è quello di portarvi a casa non solo un po’ di Sardegna che vi saluta e dà il buongiorno al mattino a colazione, ma, soprattutto, un antico e millenario auspicio di salute e benessere.

A kent’annos.